04-04-2024

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Medicina

Il ruolo della mesoterapia antalgica nelle cervicalgie e nelle lombalgie

Dott.ssa Rossella Viscito


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Le rachialgie costituiscono un problema rilevante nei paesi industrializzati, risultando uno dei motivi più comuni di astensione dal lavoro e di pensionamento anticipato e comportando notevoli costi per la collettività, sebbene ad oggi ancora non sia presente un affermato consenso scientifico circa l'appropriato razionale terapeutico.  

Per le persone al di sotto dei 45 anni, la lombalgia e la cervicalgia, più o meno irradiate, costituiscono la causa più comune di disabilità. Sono più di 15 milioni gli italiani che soffrono di rachialgie e che si rivolgono ai servizi della medicina fisica e riabilitativa. Gli incidenti automobilistici sono la causa più frequente di dolore acuto a carico del rachide cervicale mentre quello cronico è condizionato, generalmente, da una causa professionale (posture scorrette e sovraccarico funzionale).


La mesoterapia può essere utilizzata sia in fase acuta che in fase cronica.

Le rachialgie croniche sono più frequenti delle forme acute e divengono spesso esasperanti per il loro protrarsi nel tempo, con grave limitazione dell'attività lavorativa e delle attività quotidiane del paziente. La cronicità del dolore è la vera responsabile del drastico peggioramento della qualità di vita dei pazienti affetti da rachialgie; è, pertanto, fondamentale avere degli “strumenti” terapeutici efficaci per alleviare la sofferenza dei pazienti, riducendo il dolore e cercando di diminuire gli episodi di riacutizzazione.

La mesoterapia è una terapia farmacologica intradermica distrettuale, detta anche Intradermoterapia Distrettuale (ITD), che impiega prodotti della comune farmacopea in dosi minime. Consiste nella somministrazione tramite microiniezioni multiple di uno o più farmaci nel derma di un’area topografica ben definita, corrispondente alla proiezione cutanea delle strutture sottostanti coinvolte nella noxa patogena. Il risultato è un deposito intradermico di farmaco le cui molecole, per diffusione, vanno ad interessare le sedi bersaglio direttamente e rapidamente, amplificando distrettualmente gli effetti del farmaco e limitandone quelli generali.
Il meccanismo d’azione della mesoterapia è essenzialmente farmacologico, legato cioè al principio attivo iniettato e alla sua farmacodinamica.

Numerosi studi hanno dimostrato come un farmaco iniettato nel derma persista a lungo nel punto di inoculazione, diffondendo lentamente ai tessuti limitrofi, e che la risposta immunitaria agli antigeni inoculati sia più intensa rispetto all'inoculazione per via intramuscolare.

L'esecuzione di un'iniezione intradermica

L'esecuzione di un'iniezione intradermica è molto semplice nelle mani di un esperto, basta dare la giusta inclinazione all'ago secondo lo spessore cutaneo e, quindi, del derma, delle varie regioni corporee. È noto che lo spessore cutaneo va da pochi decimi di millimetri a livello palpebrale ad alcuni millimetri in corrispondenza delle regioni plantari.

Con l'inclinazione dell'ago a 90° si raggiunge la maggiore profondità, a 45° l'inoculazione del farmaco è prevalentemente intradermica.


A sinistra inclinazione dell'ago a 45°, prevalentemente intradermica;
a destra inclinazione dell'ago a 90°, con la quale si raggiunge maggiore profondità.
È comunque necessario non oltrepassare i 3-4 mm. di profondità onde evitare il raggiungimento dell'ipoderma e provocare in tal modo stravasi emorragici. Più semplicemente, per essere certi d'iniettare a livello del derma basta provocare la formazione di un piccolo pomfo.

L'iniezione deve essere rigorosamente intradermica per il semplice motivo che l'assorbimento avviene più lentamente e perciò con prolungamento dell'azione locale mentre il passaggio nel torrente circolatorio è minimo. Con una iniezione più profonda, cioè sottocutanea, l'assorbimento, e quindi l'allontanamento attraverso il circolo generale, sarebbe più rapido e di conseguenza l'azione terapeutica risulterebbe meno intensa e più breve.

L'esecuzione dell'iniezione intradermica consiste in due tempi:
  • l'infissione dell'ago, delicata, rapida e decisa;
  • l'iniezione lenta di piccoli volumi di medicamento. Così facendo si riduce, oltre al dolore, anche la possibilità, non infrequente, della formazione di ecchimosi nei punti di iniezione.
Le reazioni all'inoculazione possono essere, invece, suddivise in tre fasi:
  • la prima fase è caratterizzata da un'analgesia più o meno intensa e duratura (media tra 10-20 minuti);
  • la seconda fase è contraddistinta da una più o meno intensa reazione locale, della quale occorre preavvisare il paziente, caratterizzata da arrossamento e gonfiore nei punti d'inoculazione, classificabile come una vera e propria "reazione terapeutica". In genere dura poche ore, raramente persiste uno o due giorni;
  • la terza fase è, infine, quella dei risultati, che può variare per durata ed intensità a seconda della patologia e del quadro infiammatorio.

 
Dott.ssa Rossella Viscito
Medico Chirurgo
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Dottore di ricerca in “Advanced Sciences and Technologies in Rehabilitation Medicine and Sports”
Master di II° livello in Ossigeno-Ozono Terapia 
U.S.I. Borghesiana - Via Casilina, 1838

U.S.I. Furio Camillo - Via Cerreto di Spoleto, 9/21